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Torso Gaddi

Arte greca

Data
I secolo a. C.
Collezione
Scultura
Collocazione
Verone
Tecnica
Marmo greco
Dimensioni
84 cm (altezza)
Inventario
1914 n. 335

Il robusto torso venne acquistato nel 1778 dal Granduca Pietro Leopoldo dalla collezione Gaddi che si trovava a Firenze; nulla si sa dell’opera prima di questa data, ad eccezione della presenza nella suddetta collezione privata.

Derivata da un prototipo del II secolo a.C., la statua, di cui si conserva soltanto il torso, raffigurava in origine un Centauro con le mani legate dietro la schiena. Apparteneva a un gruppo composto da un Centauro giovane, libero ed esuberante, ed uno anziano cavalcato da un amorino che lo colpiva con la frusta. Ciò che rimane del torso ci parla di un corpo giovanile e muscoloso, la cui energia sembra essere costretta dai limiti del materiale con il quale venne realizzato; palpabile è lo sforzo nella torsione resa evidente dal modellato. Possiamo tranquillamente interpretarlo come metafora dell’invincibile forza di Eros, capace di domare anche i selvaggi Centauri; simbolo di forza e potenza fu più volte utilizzato come modello per diverse forme artistiche, tra le quali la pittura, in special modo nel periodo a cavallo tra Cinque e Seicento. Ne è vivace testimonianza il raffinato olio su tavola intitolato “Adorazione dei pastori di Amico Aspertini”, datato 1515 e conservato agli Uffizi (Inv. 1890 n. 3803). Nel dipinto il torso è raffigurato all’estremità sinistra, poggiato su una base anch’essa di marmo, molto simile ad un’ara.

Una curiosità: a differenza di altre sculture, quest’opera non fu mai completata a recuperare le iniziali sembianze. Era difatti considerata un’opera d’arte così elevata qualitativamente e così potente nel provocare emozioni che si preferì non interferire con la straordinaria forza evocativa del passato.

Modello 3D realizzato in collaborazione con Indiana University.
Visita: http://www.digitalsculpture.org/florence/

Bibliografia

V. Saladino, Centauri restrictis ad terga manibus: un'ipotesi sul torso Gaddi, in G. Capecchi, A.M. Esposito, O. Paoletti (a cura di), In memoria di E. Paribeni, Roma 1988, pp. 379-395.

Testo di
Cristiana Barandoni
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