I riti divini
Stefano Piscitelli
2021
China nera e pennarelli acrilici su carta
P. Clodium, Appi filium, credo te audisse cum veste muliebri deprehensum domi C. Caesaris, cum pro populo fieret, eumque per manus servulae servatum et eductum; rem esse insigni infamia.
“Credo che tu abbia già saputo che Publio Clodio, figlio di Appio, è stato sorpreso in abiti femminili in casa di Gaio Cesare mentre si compiva il sacrificio rituale (in onore della Bona dea) per (la salvezza del) popolo (romano) e che è riuscito a scappare grazie all’aiuto di una serva. Che grave scandalo!”
Cicerone, Lettere ad Attico, I 12, 3
Anche nella Roma repubblicana vi erano dei culti in cui il le donne potevano partecipare attivamente al cerimoniale o che addirittura erano riservati esclusivamente loro, come i sacrifici compiuti ogni dicembre dalle sole matrone, assistite dalle vergini Vestali, in onore della Bona dea, di cui questi disegni raccontano alcuni passaggi, che restano tuttavia per lo più segreti.
Si trattava infatti di una divinità che incarnava la vita e la fertilità della Roma delle origini, dalla cui celebrazione gli uomini ed anche gli animali maschi erano esclusi, tanto da dover essere allontanati dalla casa in cui il rito si svolgeva, perché la loro presenza poteva turbare la dea e compromettere la sua azione benefica su Roma.
La violazione di questo divieto era considerata un’azione grave che poteva avere ripercussioni a livello pubblico; così fu ad esempio quando Clodio, nel dicembre del 62 d.C., si introdusse nella casa di Cesare, dove sua moglie Pompeia guidava il rito. Grande fu lo scandalo – e il ridicolo per Clodio, sorpreso in abiti femminili, come racconta Cicerone all’amico Attico, lontano da Roma – uno scandalo che portò al processo per empietà contro l’uomo e alla scelta di Cesare di divorziare dalla moglie, in nome dei dettami del mos maiorum che voleva che una matrona fosse al di sopra di ogni possibile sospetto.