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Tempio di Antonino e Faustina

Giovanni Antonio Dosio (San Gimignano, Siena 1533 - Caserta 1611)

Data
II metà del XVI secolo
Tecnica
penna e matita nera su carta bianca
Dimensioni
43 x cm 57,1 cm
Inventario
GDSU 2008 A verso

Giovanni Antonio Dosio ci fornisce con approccio filologico un vero e proprio studio del tempio dedicato nel foro romano prima all’imperatrice Faustina Maggiore, divinizzata nel 141 d.C., appena scomparsa, e vent’anni dopo al marito, l’ormai divo Antonio Pio.

L’architetto senese offre una visione completa dell’edificio con cui si confronta, comprensiva di misure e quote, basata sulla scelta programmatica di riprodurre l’antico senza aggiunte volte a completare il frammentario. Sul recto del foglio sono raffigurate, da sinistra a destra, la pianta del tempio, con specifiche notazioni, i particolari della trabeazione e il fregio laterale, sotto il quale si trova la trascrizione della dedica in onore dei due imperatori, riprodotta correttamente, se non per la collocazione della parola divae nella prima riga: Divo Antonino et / Divae Faustinae ex s(enatus) c(onsulto) (CIL VI 1005 = CIL VI 31224). Sul verso del medesimo foglio, di lato all’ingrandimento di uno dei capitelli è infine disegnato l’alzato del monumento, comprensivo di iscrizione, trascritta secondo la stessa divisione in linee. Un’immagine che consente di apprezzare pienamente l’imponenza dell’edificio originariamente dedicato a esaltare la figura della sola Faustina Maggiore, eletta a diva tutelare della famiglia imperiale al potere, il cui ruolo centrale nella propaganda del marito appare ancor più evidente se si considera il luogo in cui il tempio sorto per celebrarla era stato eretto, quel foro romano che per secoli era stato reputato uno spazio quasi esclusivamente maschile.

Il foglio di Dosio è ricollegabile agli studi fatti dall’architetto senese in vista della pubblicazione di un Trattato di architettura, di cui parla nel suo epistolario già nel 1574, una ricerca incentrata sugli ordini architettonici antichi e moderni, che non terminò con la pubblicazione del manoscritto, ma che spiega tuttavia l’approccio scientifico alle vestigia dell’antico qui mostrato.

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