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Sala di Venere

Pietro Berrettini, detto Pietro da Cortona (Cortona 1597 - Roma 1669)

Data
1641 - 1642
Tecnica
Affreschi e stucchi

La sala di Venere dà inizio alla celebre infilata di stanze di rappresentanza nell’appartamento d’‘inverno’ del piano nobile di Palazzo Pitti, le cosiddette sale dei Pianeti, la cui decorazione ad affresco e stucchi nel 1641 fu affidata a Pietro da Cortona, per volere di Ferdinando II de’ Medici.

Con tale scelta il granduca mostra di allinearsi al nuovo linguaggio decorativo barocco, di cui Pietro da Cortona si rivelò indiscusso protagonista e innovatore, il più capace nel tradurre visivamente, con prospettive aeree e sottinsù che nessun altro pittore del tempo sarebbe stato in grado di affrontare, il programma celebrativo di casa Medici. Il tema decorativo, suggerito da Francesco Rondinelli, bibliotecario del granduca, si inserisce all’interno di un programma iconografico teso a magnificare la figura del principe e il percorso educativo che lo conduce verso il buon governo, attraverso la costante presenza in tutte le sale di tre personaggi chiave, ovvero la divinità dell’Olimpo (Venere, Apollo, Marte, Giove e Saturno in rappresentanza dei pianeti tolemaici) a cui la stanza è dedicata, il principe, ed Ercole, assunto a simbolo delle virtù del principe e protettore della famiglia Medici.

Al centro del soffitto della sala di Venere un giovane principe viene strappato dalle braccia della dea, simbolo del piacere, e condotto da Minerva verso Ercole, simbolo di virtù. Nelle otto lunette, recanti iscrizioni esplicative in latino, sono raffigurati personaggi illustri del mondo antico, e negli ovali di stucco bianco i ritratti dei più importanti membri del granducato, nonché i due papi della famiglia Medici, Leone X e Clemente VII. La Sala fu la prima della serie delle sale dei Pianeti ad essere dipinta da Pietro da Cortona al suo ritorno a Firenze nel 1641 ed è quella dove meno si avverte il cambiamento dell’organizzazione spaziale rispetto alla costruzione rinascimentale sottostante: i ritmi delle lunette, delle vele e dei pennacchi, anche se attutito dalla presenza dei talamoni in stucco dorato e dai medaglioni in stucco bianco, seguono un andamento che ricorda ancora la sequenza degli interni rinascimentali.

La sala era considerata l’anticamera del pubblico comune che attendeva di essere ammesso alla presenza del granduca, e per questo, in alto, dietro la lunetta con la Storia di Antioco e Stratonice fu sistemato un piccolo finestrino tra gli stucchi, che permetteva al sovrano di spiare e di ascoltare quanto avveniva o si diceva nella sala sottostante.

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