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Madonna col Bambino in trono e profeti (Maestà di Santa Trinita)

Cimabue (Firenze, documentato tra 1272 e 1302)

Data
1290-1300 c.
Collezione
Pittura
Collocazione
A4. Giotto - Cimabue
Tecnica
Tempera su tavola, fondo oro
Dimensioni
384 x 223 cm
Inventario
Inv. 1890 n. 8343

Proveniente dalla chiesa vallombrosana di Santa Trinita a Firenze, il dipinto è ricordato fin dal XVI secolo come opera di Cimabue, il più importante pittore fiorentino del XIII secolo, attivo oltre che in Toscana, a Roma, ad Assisi e a Bologna. Sopra un grande trono eburneo, imponente e articolato come un’architettura, la Vergine indica con la mano destra il Figlio che tiene in braccio, secondo il modello bizantino della Odigitria, cioè colei che mostra la via della salvezza. Gesù Bambino, abbigliato come un antico filosofo, benedice e stringe una pergamena arrotolata, forse il rotolo della Legge. Le vesti di Maria e del Figlio sono caratterizzate da una preziosa decorazione dorata, detta agemina, caratteristica della tradizione pittorica bizantina e in gran voga nella pittura italiana medievale. Intorno al gruppo mariano, otto angeli dalle splendide ali variopinte sorreggono delicatamente il trono. Piuttosto insolita nell’iconografia della Madonna in Maestà è la raffigurazione, al di sotto del trono, di alcuni profeti dell’Antico Testamento (da sinistra: Geremia, Abramo, David e Isaia) che tengono filatteri con brani delle Sacre Scritture allusivi ai misteri dell’Incarnazione e della Verginità di Maria.

Il dipinto si caratterizza per una forte ricercatezza decorativa, che interessa anche lo sfondo, finemente ornato con motivi geometrici incisi nel fondo oro. Sebbene la datazione sia molto discussa, si tende a ricondurre la Maestà di Santa Trinita alla tarda attività di Cimabue che in quest’opera, nella complessa articolazione spaziale del trono, nel ricadere delle pieghe delle vesti, nella modulazione dei chiaroscuri, nell’intonazione bonaria dei voli della Vergine e degli angeli, sembra risentire del naturalismo caratteristico dei modi di maestri più giovani quali Duccio di Buoninsegna e soprattutto il suo allievo Giotto.

Testo di
Daniela Parenti
Ipervisioni
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