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L'età dell'argento

Jacopo Zucchi (Firenze 1541 - Roma 1590)

Data
1575c.
Collezione
Pittura
Collocazione
D17. Studiolo classico
Tecnica
olio su tavola
Dimensioni
50 x 39 cm
Inventario
1890 n.1506

Il quadretto, insieme al suo pendant raffigurante l’Età dell’oro, proviene da Villa Medici a Roma, dimora di Ferdinando I quando egli era ancora cardinale. In base alle fonti documentarie appare molto probabile l’ipotesi che le due tavolette fossero destinate ad essere utilizzate come coperte di ritratto.

Allievo del Vasari, Jacopo Zucchi ne divenne il suo principale collaboratore partecipando alla decorazione del Salone dei Cinquecento e dello Studiolo di Francesco I in Palazzo Vecchio. Nel 1572 si stabilì a Roma diventando l’artista prediletto di Ferdinando de’ Medici che gli affidò la decorazione della sua villa sul Pincio.

Le Metamorfosi di Ovidio sono la probabile fonte iconografica di questo piccolo dipinto: possiamo ipotizzare che il pittore, che possedeva approfondite cognizioni di mitografia, ne avesse una conoscenza diretta.

Ovidio racconta che nell’Età dell’argento Giove assunse il comando del mondo e divise l’anno in quattro stagioni. Allora per la prima volta gli uomini ebbero bisogno di un riparo e di coltivare la terra per avere provviste per l’inverno.

In linea con il racconto ovidiano il dipinto mostra sullo sfondo alcune rudimentali capanne e un contadino che solca un campo con l’aratro; nel cielo vola il carro di Apollo, circondato dalle ore del giorno e della notte e dalle quattro stagioni. Al centro campeggia la dea della Giustizia con la spada e la bilancia, accompagnata da un putto che mostra, iscritto su una grande tavola, un passo della Genesi (Gen 3,19) “Mangerai il pane col sudore del tuo volto”. La giovane donna seduta in primo piano sulla destra simboleggia l’Arte e la Conoscenza, mentre gli strumenti ai suoi piedi, uno scalpello, una tavolozza, un compasso e un globo, alludono alle arti meccaniche. Il rastrello, le spighe di grano e la fiaccola accesa che porta il putto accanto a lei sono gli attributi di Cerere, dea del lavoro nei campi. La figura vestita di bianco al lato opposto, che contempla adorante il cuore alzato al cielo, potrebbe essere la personificazione della Carità, mentre il gruppo composto dalla giovane fanciulla accompagnata da due putti giocosi, dal vecchio barbuto e dalla dama velata rappresenterebbe le quattro età dell’uomo. L’allegoria del dipinto dovrebbe dunque illustrare l’avvento della Giustizia divina a presiedere lo scorrere del tempo e le attività dell’uomo.

Dal punto di vista stilistico il piccolo quadro è riferibile alla produzione dell’artista della metà degli anni Settanta: personaggi che si concentrano ai lati della scena lasciando libero il centro, figure sedute in primo piano che guidano lo sguardo dello spettatore verso la lettura della composizione, inquadratura dal basso e costruzione spaziale in diagonale per aumentare il senso di profondità.

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