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Venditore di lumache

Filippo Angeli detto Filippo Napoletano (Roma 1589 – Roma 1629)

Data
1622
Collocazione
Sala dell’Educazione di Giove
Tecnica
Olio su rame
Dimensioni
18 x 13 cm
Inventario
1890 n. 1009

Il piccolo dipinto su rame, spesso indicato come ‘Il venditore di lumache’, ritrae un giovane seduto ad una tavola dall’apparecchiatura rustica e improvvisata.

Sul piano si riconoscono un boccone di pane, una radice dalla forma triforcuta (forse una mandragora), un fiasco di vino impagliato, un calice di forma conica colmo di vino, un coltellino e una scatolina che potrebbe essere una saliera. Al centro un piatto di ceramica contiene delle chioccioline, piccoli molluschi le cui antenne fuoriescono dai gusci. Il giovane, voltato di tre quarti, alza le mani atteggiate nel gesto scaramantico e ben augurante delle corna.

Tale motivo si amplifica e si ripete nei tanti particolari della curiosa pittura: richiamano la forma biforcuta le antenne delle chioccioline disseminate nel piatto e sulla schiena del ragazzo, i lacci che legano la giubba rossa alle maniche, la singolare decorazione con la conchiglia sul cappellaccio di feltro, la radice sul nudo tavolo di legno. Anche la barbetta del protagonista si biforca, insistendo sul motivo delle corna. A destra, nell’ombra dello sfondo, si intravede un gatto, anch’esso simbolo di magia e di esoterismo.

Forse l’inconsueta pittura fu un dono beneaugurante e sottilmente umoristico al granduca Cosimo II o forse ‘il venditore delle lumache’ fa riferimento ad un personaggio della letteratura rusticana e burlesca della Toscana dei primi del Seicento; certamente esso racchiude una qualità pittorica e uno spirito umorale che ne fanno un bizzarro, insolito capolavoro. Negli inventari antichi il dipinto veniva indicato addirittura come opera di Caravaggio. In tempi più recenti è stato messo in rapporto con un grande disegno conservato nel Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi (n. 5803 S) raffigurante lo stesso soggetto sebbene con alcune piccole variazioni, e assegnato a Jacques Callot, l’incisore francese che visse e lavorò a Firenze durante il regno di Cosimo II. Nel 1978 Marco Chiarini riferì la pittura a Filippo Angeli, artista di formazione napoletana e romana che, chiamato a Firenze dal granduca Cosimo II nel 1617, entrò in contatto col francese Callot, attivo nella città granducale nello stesso giro di anni.

Testo di
Matilde Simari
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