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Salotto della Regina

È il primo ambiente degli appartamenti della Regina detto anche Salotto Giallo per il colore del parato, che originariamente bianco, fu fatto tingere di giallo e adattato all’ambiente nel 1844. Probabilmente la seta faceva parte del gruppo di tappezzerie arrivata a palazzo con il rientro di Ferdinando III nel 1814, all’epoca della Restaurazione, e sarebbe dunque databile al 1810 circa. Allo stesso giro di anni risale il grande tappeto della Manifattura di Tournai con il motivo decorativo delle sedici cohortes imperiali avente al centro la croce della Legione d’onore istituita nel 1802 da Napoleone, motivo ripreso da un tappeto che l’imperatore fece realizzare per il Grand Cabinet del castello di Saint-Cloud.

Testimone dell’era medicea è il monumentale stipo in avorio ed ebano che venne realizzato dalle botteghe granducali nel 1704 sotto la direzione di Giovanni Battista Foggini, dove sono montate sculture provenienti dalla prestigiosa collezione del cardinale Leopoldo de’ Medici.

Il resto dell’arredo risale, per la maggior parte, all’epoca sabauda. Del 1884 sono le specchiere e la consoles inserite nella sala all’epoca della Regina Margherita. Alla parte sinistra si trovano invece dipinti acquistati nel 1870 per volere di Vittorio Emanuele II direttamente dagli artisti, solenni esempi di quella pittura di storia che costituiva prova di abilità per i diplomati dell’Accademia di Belle Arti. Si tratta di tele raffiguranti “Simon Memmi che per incarico di Petrarca ritrae madonna Laura” e “La firma del trattato di Bruzzolo” rispettivamente di Pietro Saltini e Giuseppe Bellucci, la prima in omaggio alla nobile tradizione letteraria di Firenze e la seconda legata alla celebrazione di un episodio cruciale per l’affermazione del potere dei Savoia.

Appartenenti a tutt’altro filone tematico sono il quadretto ad olio con “Dama con Bambini e Balia” e altre due piccole tele en pendant che raffigurano episodi intimi o galanti in costume settecentesco e testimoniano la fortuna nell’Ottocento di un genere dagli accenti più frivoli e borghesi.

Spicca infine, tra gli oggetti, l’enorme candelabro databile alla metà dello stesso secolo, collocato in origine nella Sala del Trono, fu evidentemente apprezzato per il sapore esotico della porcellana orientale montata in bronzo con sfarzo neobarocco

Testo di
Alessandra Griffo
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