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Sacrificio di Isacco

Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio (Caravaggio, Milano 1571 – Porto Ercole, Grosseto 1610)

Data
1603 c.
Collezione
Pittura
Collocazione
D29. Caravaggio e Artemisia
Tecnica
Olio su tela
Dimensioni
104 x 135 cm
Inventario
1890 n. 4659

Il dipinto illustra il passo dell’Antico Testamento in cui Dio sottopose Abramo a una straordinaria prova di obbedienza ordinandogli il sacrificio del suo unico figlio Isacco. Caravaggio raffigura in modo fedele il momento cruciale del drammatico racconto, ovvero quando il vecchio Abramo, nell’attimo in cui sta per immolare Isacco, viene bloccato dall’angelo inviato dal Signore. “Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli alcun male! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio” dice il messaggero di Dio ad Abramo (Genesi XXII, v. 12) indicandogli con la sinistra un ariete da sacrificare al suo posto. Caravaggio sceglie di umanizzare la figura dell’angelo affiancandola ad Abramo come una solida presenza che afferra il polso del vecchio con una forte e concreta presa. Sullo sfondo si apre un paesaggio collinare disteso e mediterraneo percorso da viottoli e animato da casolari e da un borgo. In questo paesaggio sono stati individuati dalla critica echi di stile della formazione di Caravaggio in Lombardia e Veneto. Di quest’opera è stata data in passato anche una lettura simbolica secondo la quale l’edificio posto sulla collina sarebbe una chiesa con battistero, riferimento alla futura nascita della chiesa cattolica, e la luce diffusa sul paesaggio simbolizzerebbe la luce della grazia divina. Il sacrificio del giovane Isacco andrebbe dunque a prefigurare il sacrificio di Cristo. Il tema biblico venne certamente indicato dall’illustre committente dell’opera, Maffeo Barberini, influente monsignore della curia vaticana al tempo dell’esecuzione del dipinto, e futuro papa col nome di Urbano VIII. La paternità di Caravaggio per questo dipinto, da tempo riconosciuta da tutta la critica, è testimoniata anche da pagamenti effettuati da Maffeo Barberini al pittore stesso. 

Il dipinto è stato donato agli Uffizi nel luglio del 1917 da John Fairfax Murray, questi lo aveva acquistato come opera  di Gherardo delle Notti da una società che aveva rilevato parte dei beni della famiglia dei Principi Colonna Sciarra di Roma alla fine dell’Ottocento.

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