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Ritratto di Guidubaldo da Montefeltro

Raffaello (Urbino 1483 – Roma 1520)

Data
1503-1504ca.
Collezione
Pittura
Collocazione
A38. Raffaello e Michelangelo
Tecnica
Olio su tavola
Dimensioni
70x51,6 cm.
Inventario
1890 n.8538

Raffaello ha scelto per il suo giovane e nobile protagonista un interno semplice, il cui segno più distintivo è la finestra spalancata su un paesaggio sereno di colline e piccoli abitati che digradano in lontananza, lasciando intuire, sul fondo, il profilo di una città. L’abbigliamento sobrio ma prezioso si compone di un abito e di una camicia neri completati dal ‘robone’, una giacca ampia di velluto tipica della moda rinascimentale, qui bordato da una particolare quadrettatura in oro [forse un tipo di broccato, cfr. Cinzia Maria Sicca Bursill-Hall - Legati da fili d’oro: Holbein, la corte Tudor e Firenze, conferenza del 7.10.2020]. Si tratta dei due colori simbolici della famiglia Montefeltro, gli stessi che compaiono anche sull’abito di Elisabetta Gonzaga nel ritratto a pendant che s’incontra nella stessa sala.

Il personaggio ritratto è Guidubaldo (1472- 1508), figlio di Federico da Montefeltro e Battista Sforza, ultimo discendente della famiglia perché morì senza figli, lasciando il titolo e il ducato al nipote Francesco Maria della Rovere. L’identificazione è assicurata dal confronto con un ritratto sicuro del giovane Montefeltro, miniato sul frontespizio di un codice manoscritto della Biblioteca Vaticana. Valente condottiero e fine cultore delle arti, Guidubaldo fu costretto a lasciare Urbino nel 1502, a seguito della calata delle truppe di papa Alessandro VI, capitanate da suo figlio, Cesare Borgia. L’avvento al soglio pontificio di Giulio II della Rovere, suo cognato, permise a Guidubaldo di rientrare a Urbino nel 1504 per regnarvi fino alla morte nel 1508.

La centralità della figura e il rilievo del volto chiaro sul tono nero della veste, l’espressione fissa e contenuta dello sguardo, conferiscono a questo ritratto l’aria solenne e severa propria delle rappresentazioni ufficiali. Al tempo stesso, l’incarnato luminoso e il modo di costruire la scena ci rivelano quanto Raffaello avesse fatto propria la pittura fiamminga che aveva studiato sin dai suoi anni di formazione a Urbino, instradatovi dal suo stesso padre Giovanni Santi, eruditissimo pittore al servizio di Federico da Montefeltro. La datazione del dipinto, assai discussa dagli studiosi, viene generalmente collocata ai primissimi tempi del soggiorno fiorentino di Raffaello.

Bibliografia

Raffaello a Firenze. Dipinti e disegni delle collezioni fiorentine, catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Pitti, 11 gennaio - 29 aprile 1984), a cura di L.Berti e M.Chiarini, Firenze - Milano 1984, pp. 64-68; B. Montevecchi, in Raffaello e Urbino. La sua formazione e i rapporti con la città natale, Urbino 2009, pp. 182-183.

Testo di
Anna Bisceglia
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