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Madonna col Bambino, san Giovannino e santa Barbara

Daniele Ricciarelli detto Daniele da Volterra (Volterra 1509-Roma 1566)

Data
1545-1547 ca.
Collezione
Pittura
Collocazione
D8 Salviati e Daniele da Volterra
Tecnica
Olio su tavola
Dimensioni
131,6x100,4 cm
Inventario
1890 n. 10840

La mole cilindrica di una torre in pietra grigia fa da quinta alla figura monumentale della Vergine, appoggiata a un sedile mentre tiene in braccio Gesù e aiuta san Giovannino a srotolare il lungo cartiglio su cui è vergata l’iscrizione “ecce agnus dei”. Alla loro destra spunta santa Barbara in un vistoso apparato composto di una veste verde abbinata allo scialle rosa e al gran manto ocra, il volto squadrato su cui su cui spicca l'acconciatura da statua antica. Barbara è una figura fondamentale in questo dipinto, perché a lei il pittore assegna una posa un po’ acrobatica, facendola avanzare dal retro con un movimento scorciato che definisce la profondità dello spazio. La torre è il simbolo della sua tragica storia, il luogo nel quale la fanciulla, secondo la leggenda medievale, venne rinchiusa dal padre per costringerla a rinnegare la fede cristiana cui si era convertita. Al suo rifiuto, fu sottoposta a ogni sorta di sevizie, compreso il taglio del seno: ciò spiega perché lo scollo della veste è abbassato fino a mostrare i capezzoli.

Con "Elia nel deserto" (Inv. 1890 n. 10744) e con la "Strage degli Innocenti" (Inv. 1890 n. 1429), entrambe conservate agli Uffizi, questa tavola è uno dei pochi esemplari su supporto mobile eseguiti da Daniele Ricciarelli, che nel corso della sua carriera privilegiò piuttosto la pittura ad affresco, la decorazione a stucco e anche la bronzistica. Alla metà degli anni Quaranta del secolo, epoca di esecuzione di questa tavola, Daniele si era stabilito a Roma e andava affermandosi come maestro autonomo dopo aver lavorato nella bottega di Perin del Vaga, il più brillante ingegno della bottega di Raffaello. Proprio al mondo di Perino, alla sua fantasia nel comporre storie e alla sua pittura ricercata, Daniele deve la sua abilità nel collegare le quattro figure in un unico movimento circolare e armonico. Ma le forme scultoree, come scolpite nel colore, dipendono dallo studio di Michelangelo e dalla comprensione profonda del Giudizio Finale, affrescato pochi anni prima sulla parete di fondo della Cappella Sistina. Da lì discende l’uso degli scorci attentamente calcolati, come il braccio della Vergine che buca lo spazio venendo in avanti per sostenere il cartiglio di san Giovannino, la posizione di Santa Barbara o lo slancio di Gesù. È in definitiva una pittura molto meditata e lenta - Daniele, infatti, impiegava molto tempo nel portare a termine le sue commissioni - che costituisce una variante della maniera veloce e vibrante di Perino o di Francesco Salviati, campioni della “sprezzatura” tanto lodata da Vasari.

Bibliografia

B. Agosti, V. Romani, Daniele da Volterra. The D’Elci paintings , Münich 2016 (con bibliografia precedente)

Testo di
Anna Bisceglia
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