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Ritratto di Leopoldo de’ Medici in fasce

Jacopo Ligozzi (Verona 1549 ca. Firenze 1627)

Data
1618
Collocazione
Sala di Apollo
Tecnica
Olio su tela
Dimensioni
cm 59,6x 74,2
Inventario
1912 n.49
Iscrizioni

6 9bris (6 novembre) 1617/PRINCEPS LEOPOLDUS OCTAVOGENITUS MEDICEUS AUSTRIACUS

L’identità del bambino e la sua data di nascita sono attestate da una iscrizione in basso a destra “6 9bris (6 novembre) 1617/princeps leopoldus octavogenitus mediceus austriacus”. Leopoldo era infatti l’ottavo figlio di Cosimo II e di Maria Maddalena d’Austria, e la sua età al momento del ritratto di circa sei o sette mesi permette di fissare con esattezza l’esecuzione della tela di Pitti nel 1618. Il principino si staglia sullo sfondo di un parato di velluto cremisi, avvolto da una coperta ricamata e guarnita d’oro e con la testa affondata in un guancialetto di seta bianca. Si tratta di una rappresentazione che, nonostante la tenerezza d’espressione del bimbo, dalle guance teneramente arrossate e lo sguardo vivace e incantato, rientra a pieno titolo nel canone della ritrattistica ufficiale e pertanto ha il compito di esaltare il rango e la ricchezza della casata. I Medici, sempre attenti all’immagine dinastica, prestarono cure speciali alla rappresentazione dei loro infanti, documentandoli pressoché in ogni fascia di età. Manufatti di questo tipo, declinati in diverso formato, a figura intera o a mezzo busto, oltre a far parte di ‘serie’ destinate all’allestimento di appartamenti o parti rappresentative del palazzo, venivano anche inviati in dono ad altre corti, specie in caso di legami di sangue con la famiglia granducale.

Il dipinto, attribuito in passato a Tiberio Titi, fratello di Santi e ritrattista granducale, è invece opera del veronese Jacopo Ligozzi, come documentano alcuni inventari dal 1637 fino alla seconda metà del secolo successivo. Di fatto la meticolosità profusa nel campionario di stoffe esibite nel quadro, la sensibilità per un naturalismo di superficie, ancora sostanzialmente manierista, concordano con i caratteri di stile di Ligozzi alla fine del secondo decennio del secolo.

Testo di
Anna Bisceglia
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