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Venere Italica

Antonio Canova (Italia, Possagno, 1 novembre 1757 - Venezia, 13 ottobre 1822)

Data
1812
Collocazione
Sala di Venere
Tecnica
Marmo
Dimensioni
Altezza 171,5 cm
Inventario
1912 n. 878

Nel 1802, di passaggio a Firenze e al culmine della sua notorietà, Antonio Canova ricevette dal re di Etruria, Ludovico di Borbone, l’incarico di eseguire una copia della Venere dei Medici, la scultura in marmo del I secolo a.C. che, già esposta al centro della Tribuna degli Uffizi, l’11 settembre dello stesso anno era stata requisita dalle autorità francesi per essere destinata al Louvre. Dapprima riluttante all’idea della replica, lo scultore veneto alla fine accettò, allettato sia dalla proposta di sostituire un tale capolavoro, sia dalla forte connotazione patriottica che da subito aveva assunto l’impresa. Tuttavia nel frattempo Canova ebbe l’idea di sfidare la statua antica con una Venere in piedi, stavolta di sua invenzione. Questa prestigiosa commissione gli fu confermata nel 1805 dalla regina reggente d’Etruria, Maria Luisa di Borbone e si finì per accantonare l’idea di una riproduzione dell’antica. Nel 1809 la nuova sovrana Elisa Baciocchi, appena insediata come Granduchessa di Toscana dal fratello Napoleone, riuscì a convincere l’imperatore a pagare a Canova i 25000 franchi convenuti ed il 29 aprile del 1812 la Venere Italica raggiunse la Tribuna dell’Imperiale Galleria di Firenze ma, anziché sul piedistallo della statua medicea portata in Francia, fu collocata su una nuova base girevole, per far risaltare la novità della creazione. La divinità canoviana si discostava infatti dall’illustre modello, essendo raffigurata nel momento in cui si asciuga pudicamente dopo essere uscita dal bagno, con ai suoi piedi il vaso di unguenti profumati. La nuova scultura, la cui modernità era stata evidenziata fin da subito rispetto al prototipo antico, riscosse un enorme successo, che la rese oggetto di una vasta letteratura critica e protagonista di numerosi sonetti, tra cui quello di Giovanni Rosini, che la battezzò col titolo di “Italica”. Ugo Foscolo, nel contrapporla alla Venere medicea, la definì “una bellissima donna, capace di far innamorare, mentre l’antica è un’impassibile, seppure bellissima, Dea”. Nell’opera canoviana infatti la grazia naturale è accentuata rispetto alla convenzionalità del bello ideale espresso nell’esemplare ellenistico, grazie alla posa più dinamica e alle dimensioni leggermente maggiori, che la rendono alta quanto una donna reale.

Dopo la caduta di Napoleone, nel 1815 Canova si recò a Parigi come emissario dello stato pontificio per trattare la restituzione delle opere sottratte dal Bonaparte e la Venere antica riprese il suo posto nella Tribuna, mentre l’Italica, ormai spodestata, fu trasferita a Palazzo Pitti.

Bibliografia

F. Mazzocca, in Antonio Canova, a cura di G. Romanelli, G. Pavanello, Venezia, Marsilio 1992, pp. 282-289, n. 132; H. Honour, Canova e la storia di due Veneri, in G. Capecchi, D. Heikamp, A. Fara, V. Saladino, Palazzo Pitti. La reggia rivelata, Catalogo della mostra (Firenze, Palazzo Pitti, 7 dicembre 2003-31 maggio 2004), Firenze 2003, p. 192; F.Mazzocca in A. Coliva, F. Mazzocca Venere Italica, in Canova e la Venere Vincitrice, Catalogo della mostra (Roma, 18 ottobre 2007-3 febbraio 2008), Milano, 2007, pp. 204-205; F. Mazzocca, in Canova. L'ideale classico tra scultura e pittura, a cura di S. Androsov, F. Mazzocca, A. Paolucci, Milano, Silvana Editoriale 2009, pp. 329-330, nn. VIII,17; M. Ceriana, Pensieri sulla Venere Italica di Canova a Firenze, in Venere nelle terre di Antonio Canova, a cura di M. Guderzo, Terraferma, Crocetta del Montello (TV) 2015, pp. 61-69

Testo di
Elena Marconi; Arianna Borga
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