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Allegoria della calunnia

Alessandro Filipepi detto Sandro Botticelli (Firenze 1445-1510)

Data
1495c.
Collezione
Pittura
Collocazione
A12 Botticelli
Tecnica
Tempera su tavola
Dimensioni
62 x 91 cm
Inventario
1890 n. 1496

Il soggetto di questa affascinante opera di Sandro Botticelli si ispira a un perduto dipinto di tema allegorico del pittore greco Apelle (sec. IV a.C.), noto attraverso la descrizione del letterato Luciano di Samosata (sec. II). La composizione, da leggersi da destra verso sinistra, raffigura un re in trono che compie un gesto imperioso di giudizio verso un uomo seminudo trascinato al suo cospetto. Il re ha le orecchie d’asino, come quelle inflitte dal dio Apollo al re Mida per avere mal giudicato una disputa. Nel dipinto, il sovrano è consigliato da due leggiadre figure femminili, personificazioni dell’Ignoranza e del Sospetto. La vittima indifesa è trainata per i capelli da un’avvenente donna che porta una fiaccola da identificare con la Calunnia, che è anche il tema principale dell’opera. Costei si accompagna al Livore, un uomo dalle vesti lacere, di aspetto trasandato e macilento, mentre due fanciulle, la Frode e l’Insidia, le adornano i capelli. Poco distante, chiude la composizione una donna vestita di nero, la Penitenza, che volge lo sguardo verso la Verità, rappresentata come una giovane donna nuda, ignorata da tutti. Il soggetto ispirato al mondo antico greco-romano trova rispondenza nella quinta scenografica che accoglie la scena, un porticato affacciato sul mare, ornato da statue, rilievi e fregi scultorei. Le figurazioni che ornano l’architettura rappresentano personaggi e storie tratte dalla mitologia, dalla Bibbia e dalla letteratura medievale, ed il loro significato in questo contesto rimane ancora oggi controverso, espressione della raffinata cultura del committente e dell’ambiente fiorentino alla fine del XV secolo. Alla loro esecuzione partecipò forse un collaboratore di Botticelli, Bartolomeo di Giovanni (Firenze 1458-1501).

Il dipinto, eseguito probabilmente verso il 1495, coincide con la fine dell’età laurenziana e l’avvento della Repubblica ispirata da Gerolamo Savonarola. È l’ultima opera di soggetto allegorico–mitologico eseguita da Botticelli, che si conferma straordinario narratore e interprete di concetti complessi.

Il testo De Calumnia di Luciano - in cui è descritto il dipinto di Apelle, da cui Botticelli prese le mosse - ebbe notevole diffusione nel XV secolo grazie alle traduzioni in latino e in volgare dell’originale greco. Secondo Luciano, il pittore Apelle avrebbe ideato l’opera dopo essere stato egli stesso vittima di una calunnia e non è escluso che anche la tavola dipinta da Botticelli possa essere stata eseguita per una simile circostanza. Secondo Giorgio Vasari, il dipinto oggi agli Uffizi apparteneva, alla metà del XVI secolo, a Fabio Segni, che lo avrebbe ereditato dal padre Antonio Segni, (1457–post 1502), personalità sul quale si hanno scarse notizie.

Bibliografia

R. Lightbown, Botticelli. Complete Catalogue, London 1978, pp. 87-92; A. Cecchi, Botticelli, Milano 2008, pp. 300-306; Nicoletta Pons, scheda n. 8.8, in Denaro e Bellezza. I banchieri, Botticelli e il rogo delle vanità, a cura di L. Sebregondi e T. Parks, Firenze, Giunti 2011, p. 246; La Calunnia di Botticelli. Politica, vizi e virtù civili a Firenze nel Rinascimento a cura di M. Centanni e S. Agnoletto, Milano 2023

Testo di
Daniela Parenti
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