Maestro della Croce 434 degli Uffizi
(Lucca e Firenze, secondo quarto del XIII secolo)
Stigmate di san Francesco
1240 - 1250
Tempera su tavola
Galleria degli Uffizi, Galleria delle Statue e delle Pitture, inv. 1890 n. 8574
“Io, frate Francesco piccolo, voglio seguire la vita e la povertà dell’altissimo Signore nostro Gesù Cristo e della sua santissima madre e perseverare in essa sino alla fine."
[da Scritti a Chiara d’Assisi, Ultima volontà]
L’inospitale paesaggio della Verna in Casentino - la montagna offerta dal conte Orlando Cattani a Francesco come romitorio - è raffigurato come una sequenza di rupi scoscese sulle quali è cresciuta una rada vegetazione selvatica. Alle spalle di Francesco, alta sul dirupo, sorge una cappella, la prima chiesetta dell’eremo, intitolata a Santa Maria degli Angeli.
E’ una delle più antiche raffigurazioni delle Stigmate di san Francesco, l’episodio della vita del santo che distinse la biografia del poverello di Assisi da quella di ogni altro santo vissuto fino ad allora. Rivivendo la sofferenza della Passione di Gesù, Francesco raggiunge l’apice di un percorso volto all’imitazione di Cristo che lo connota come alter Christus, secondo la Legenda maior redatta da Bonaventura da Bagnoregio, biografia ufficiale di Francesco dal 1266. Il miracolo, avvenuto nel settembre 1224, venne reso noto solo nel 1226, alla morte del santo, nella lettera enciclica con cui il discepolo frate Elia annunciava a papa Gregorio IX e alle province francescane il trapasso del fondatore dell’ordine.
Nel dipinto Francesco è raffigurato inginocchiato a braccia aperte, in posizione di orante, in contemplazione di un angelo serafino confitto alla croce. Nelle mani e nei piedi di Francesco sono ben visibili le teste dei chiodi che provocano le stigmate, secondo la narrazione del miracolo raccontata già nella prima biografia composta da Tommaso da Celano intorno al 1228, anno della canonizzazione. Dall’angelo si diramano tre raggi che investono il volto di Francesco, a indicare il colloquio spirituale dell’asceta con la visione celeste, dal quale scaturirono le stigmate. Non è invece visibile la ferita sul costato, una cicatrice che, secondo il racconto di Tommaso da Celano, ben pochi ebbero l’occasione di vedere mentre il santo era in vita, evidentemente nascosta sotto il saio.
Il dipinto degli Uffizi è una delle immagini di Francesco d’Assisi sopravvissute all’ordine emanato dal Capitolo generale francescano, riunitosi a Parigi nel 1266, di distruggere le effigi del santo riprodotte fino ad allora, insieme alle diverse versioni della biografia dalla Legenda maior. L’opera costituisce una rarità, fra le immagini di Francesco del XIII secolo oggi note, nel rappresentare un unico episodio narrativo, dimostrando l’eccezionalità del miracolo delle stimmate. L’immagine presenta altresì un’iscrizione col nome del santo, in basso a destra, quasi a voler scongiurare la possibilità di non riconoscere Francesco nel protagonista dell’evento prodigioso.
Non è nota la provenienza del dipinto, donato dal mercante Ugo Baldi all’Accademia di Belle Arti di Firenze nel 1863. E’ considerato opera di un pittore di probabile formazione lucchese, ma attivo in territorio fiorentino nel secondo quarto del XIII secolo, responsabile dell’esecuzione della Croce contrassegnata dal numero d’inventario 434 nella Galleria degli Uffizi.