Fine II secolo d.C.
Inv. 1914, n. 82
Sul lato minore destro di questo grandioso sarcofago destinato a un esponente dell’élite senatoria urbana, sono raffigurati due intimi momenti della vita familiare. Nel primo è riconoscibile il pedagogo che ascolta la lettura del bambino, mentre, sul lato opposto, la madre che sta per prendere in braccio il figlio dopo il bagno fatto con la nutrice.
Scuola
Atqui si vitiis mediocribus ac mea paucis
mendosa est natura, alioqui recta velut si
egregio inspersos reprehendas corpore naevos,
si neque avaritiam neque sordes nec mala lustra
obiciet vere quisquam mihi, purus et insons,
ut me collaudem, si et vivo carus amicis:
causa fuit pater his, qui macro pauper agello
noluit in Flavi ludum me mittere, magni
quo pueri magnis e centurionibus orti,
laevo suspensi loculos tabulamque lacerto
ibant octonos referentes Idibus aeris;
sed puerum est ausus Romam portare docendum
artis quas doceat quivis eques atque senator
semet prognatos.
(Orazio, Satire, I, 6, vv. 65-78)
Eppure la mia indole, per il resto onesta, è intaccata solo da pochi e trascurabili difetti, come néi che tu disapprovassi in un corpo perfetto; se nessuno in buona fede può rinfacciarmi avidità, sordidezza o pratica di bordelli; se io vivo, tanto da darmi lode, immune da colpe e caro agli amici; di tutto questo ha merito mio padre che, pur con le magre risorse di un piccolo podere, non solo non volle mandarmi alla scuola di Flavio, che frequentavano, con borse e taccuini sotto il braccio, i figli illustri dei più illustri centurioni, pagando otto assi alle Idi di ogni mese, ma ebbe il coraggio di portarmi a Roma, poco più che fanciullo, per farmi impartire quell’istruzione, che cavalieri e senatori fanno impartire ai propri figli.
Genitori
Non vides quanto aliter patres, aliter matres indulgeant? illi excitari iubent liberos ad studia obeunda mature, feriatis quoque diebus non patiuntur esse otiosos, et sudorem illis et interdum lacrimas excutiunt; at matres fovere in sinu, continere in umbra volunt, numquam contristari, numquam flere, numquam laborare.
(Seneca, De Providentia, II, 5)
Non vedi quanto siano diversamente accondiscendenti i padri e le madri? Quelli pretendono che i figli si sveglino presto per dedicarsi ai loro doveri, non gli permettono di stare in ozio neanche nei giorni di festa, e ne strappano sudore e talvolta lacrime; le madri invece vogliono tenerseli al seno, coccolarli nell’ombra, desiderano che non siano mai tristi, non piangano mai, non si affatichino mai.