Appesi a un filo. Bottoni alla Galleria del Costume di Palazzo Pitti
Collezione di bottoni: dal XVII al XX secolo
Il collezionismo di bottoni, così come lo è stata la sua produzione, è una prerogativa del mondo anglosassone e francese; di conseguenza non si sono avute, fino ad oggi, esposizioni monografiche dedicate a questo accessorio.
La collezione, acquistata nel giugno 2006 dalla Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Fiorentino, è del tutto inedita e comprende poco meno di tremila bottoni, riuniti insieme da un ingegnere e imprenditore milanese di origine comasca, Alberto Riva, appassionato collezionista di oggetti di arte applicata, il quale ha incrementato le sue raccolte fino al 1924, anno della sua morte.
Alcuni pezzi sono molto rari e coprono un arco cronologico che va dal XVII al XX secolo, con una prevalenza di bottoni del Settecento, il secolo d'oro di questa particolare forma d'arte.
Fino a tempi relativamente recenti il bottone ha riguardato quasi esclusivamente l'abbigliamento maschile, che se ne fregiava in lunghe file sia in corrispondenza delle aperture anteriori delle marsine, sia sulle maniche, sia sulle tasche, fino a superare il numero di ventiquattro esemplari su un solo capo, mentre alle donne, cui i bottoni erano in molti casi addirittura proibiti, erano riservati lacci e ganci per chiudere le vesti.
Alcuni bottoni della collezione Riva sono di una bellezza stupefacente, con paesaggi e figure, talvolta dipinti da illustri pittori, che non disdegnavano questa attività come mezzo di sostentamento, altri in metallo e pietre preziose, non dissimili dai gioielli contemporanei, altri ancora in strass, in smalto o in porcellana. Altri bottoni presentano figure classiche, eseguite nei materiali più vari, dalla ceramica Wedgwood alle conchiglie, alle pietre dure.
Alcune immagini sono veri e propri manifesti politici, come quelli che inneggiano alla presa della Bastiglia o ai personaggi del Risorgimento italiano. La mostra è voluta da Caterina Chiarelli, direttrice della Galleria del Costume, e da lei curata insieme a Dora Liscia Bemporad, dell'Università di Firenze. L'allestimento è stato curato da Mauro Linari.