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Vaso con due anse e coperchio

Manifattura veneziana (?) (vaso); orafo fiorentino (?) (montatura)

Data
Fine del XIV secolo (vaso); 1463-1465 (montatura)
Tecnica
Diaspro rosso, argento dorato a fuoco, smalti traslucidi
Dimensioni
Altezza 40,2 cm
Inventario
Gemme del 1921, n. 772
Iscrizioni

LAV·R·MED· (sul corpo del vaso)

Il vaso a due anse, eseguito in un unico blocco di diaspro rosso, poggia su una base circolare in argento ornata da grosse baccellature contrapposte e inserti di smalto traslucido con motivi vegetali e floreali. La montatura del coperchio, sempre in argento, è contraddistinta dalla raffigurazione emblematica dell’anello con punta di diamante e le tre piume legate da un cartiglio recante il motto “SEMPER” utilizzata dai membri della famiglia Medici fin dalla metà del Quattrocento. Al vertice del coperchio è posto un globo mobile decorato da palle in smalto rosso, chiaro riferimento araldico allo stemma mediceo, sovrastato da un elemento che ripropone l’impresa dell’anello con punta di diamante. Sul vaso risaltano le lettere “·LAV·R·MED·”, iniziali di Lorenzo de’ Medici, detto il Magnifico.

L’opera è stata identificata con il “bocchale di diaspro, con coperchio, leghato in ariento” ricordato fra i beni di Piero de’ Medici fin dal 1456. Una descrizione più dettagliata dell’esemplare è riportata nell’inventario redatto alla morte di Lorenzo il Magnifico (1492), in cui è stimato la considerevole cifra di 600 fiorini. Dopo la cacciata dei Medici da Firenze, nel 1494, l’opera pervenne nelle mani dei Tornabuoni, a capo della filiale romana della banca medicea. Trasferito nell’Urbe nel 1495, insieme ad altri oggetti preziosi provenienti dall’eredità di Lorenzo, il pezzo fu molto probabilmente recuperato dal pontefice Clemente VII, dato che esso figura nel gruppo dei vasi appartenuti al Magnifico trasformati in lipsanoteche, ovvero vasi-reliquiario, e donati nel 1532 dal papa alla basilica di San Lorenzo a Firenze. Qui l’esemplare rimase esposto nella Tribuna delle Reliquie progettata da Michelangelo fino al 1785, quando fu trasferito con altri ventinove vasi in pietra dura alla Galleria degli Uffizi per poi passare nel 1921 nel Tesoro dei Granduchi.

Il vaso in diaspro rosso è confrontabile per la forma con analoghi esemplari veneziani risalenti al XIV secolo, mentre la montatura è stata ricondotta all’ambiente artistico fiorentino ed è databile intorno al 1460-1465 circa. 

Testo di
Maria Sframeli
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