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Sala del Trono

Durante il periodo mediceo, quando l’ala destra del piano nobile del palazzo era occupata dal Gran Principe Ferdinando, la sala svolgeva la funzione di ospitare le udienze ufficiali. In quella che oggi è la Sala del Trono, arredata diversamente da come la vediamo oggi, si trovavano alcuni dipinti della sua celebre collezione. L’aspetto attuale, pur con alcune modifiche, corrisponde a quello del periodo di Firenze Capitale (1865-1871) con la residenza a Pitti di Vittorio Emanuele II; ne è testimonianza un noto affresco di Cesare Maccari, visibile nel palazzo Pubblico di Siena e intitolato al Plebiscito del 2 ottobre 1870 che sancì l’annessione di Roma al Regno d’Italia e il conseguente trasferimento della capitale da Firenze a Roma.

Tutta la stanza è organizzata intorno al trono sormontato dal baldacchino, luogo regale enfatizzato sia dalle ampie specchiere alle pareti che moltiplicavano l’immagine del re, che dal sontuoso parato in lampasso di seta rossa. Nella volta del soffitto troneggia la decorazione di Giuseppe Castagnoli (1754-1832), con i monocromi che inquadrano l’immagine di Giove in trono. La sala è ulteriormente impreziosita dal lampadario riccamente intagliato e dorato, come intagliate e dorate sono le consolle e le basi dove si allineano candelabri e imponenti vasi di porcellana orientale.

Analogamente ai saloni adiacenti, che costituiscono non a caso il cosiddetto Quartiere delle Stoffe, la tappezzeria venne rinnovata all’epoca di Leopoldo II d’Asburgo-Lorena tra il 1854 e il 1855, periodo a cui risale anche il tappeto di Tournai che riveste completamente il pavimento, le torcere figurate, la coppia di specchiere gemelle, i tre tavoli a muro e gli sgabelli. L’area del trono venne invece allestita successivamente per l’arrivo del monarca sabaudo e modificata dopo il 1870 quando si inserirono la balaustra e la poltrona da udienza, già utilizzata dai granduchi lorenesi, a cui venne aggiunto lo stemma dei Savoia.

Testo di
Alessandra Griffo
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