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Ritratto di Giulio II

Bottega di Raffaello

Data
1512 ca
Collocazione
Sala di Saturno
Tecnica
Olio su tela
Dimensioni
107x80 cm
Inventario
1890 n.1450

Giuliano della Rovere (Albissola, Savona 1443- Roma 1513) fu papa dal 1503 al 1513 con il nome di Giulio II. Abile politico, ma soprattutto uomo d’armi guidato da un carattere irruento, improntò tutto il suo pontificato al consolidamento del ruolo della Chiesa nel contesto europeo, all’affermazione del suo potere temporale e alla difesa dei suoi confini territoriali dalle minacce di altre potenze europee. La sua fama è però legata anche al ruolo di straordinario mecenate delle arti e di committente di Michelangelo, Raffaello, Bramante e molti altri artefici che contribuirono a cambiare radicalmente il volto di Roma nei primi decenni del Cinquecento.

Raffaello era giunto a Roma nell’autunno del 1508 e in breve tempo aveva conquistato il favore del papa che gli aveva affidato la decorazione di quattro grandi ambienti prescelti per stabilire il suo nuovo appartamento privato, oggi noti come “Stanze di Raffaello”. Raffaello portò a termine la prima delle sale, quella denominata “della Segnatura”, nel 1511 ed è a questo periodo all’incirca che risale anche il progetto del ritratto di Giulio II. Il papa viene raffigurato su una sedia camerale i cui montanti hanno una terminazione a forma di ghianda: si tratta di un brillante espediente di Raffaello per richiamare i simboli araldici della famiglia Della Rovere (le ghiande appunto, frutti del rovere). Lo spazio è definito da un tendaggio che in origine doveva avere un colore verde bottiglia, oggi non più apprezzabile a causa dell’ossidazione dei pigmenti e del conseguente viraggio del colore in una tonalità bruno scuro. L’espressione assorta del ritrattato, che fissa un punto indefinito davanti a sé, e la posizione delle mani ingioiellate- una stringe un fazzoletto, l’altra sembra quasi volersi aggrappare al bracciolo- formano un insieme di grande intensità emotiva. Non è tanto la sontuosità dell’abbigliamento, sebbene attentamente congegnato, a colpire lo spettatore, quanto i gesti del protagonista, l’espressione del suo volto stanco e cadente, còlto negli ultimi anni di vita tormentati dalle vicissitudini del lungo conflitto con la Francia e dalle perdite territoriali che ne erano derivate. Proprio a seguito di quegli avvenimenti, Giulio II decise di lasciarsi crescere la barba e di portarla in segno di lutto fino a che non avesse riconquistato i territori sottratti. L’impatto provocato sul pubblico del tempo dall’effigie di quel papa “terribile” e insieme vecchissimo è testimoniato dalle parole di Giorgio Vasari nella biografia di Raffaello, dove precisa che il dipinto era “tanto vivo e verace che faceva temere il ritratto a vederlo, come se proprio egli fosse il vivo” ed aggiunge una importante notizia riguardo alla sua iniziale collocazione “la quale opera è oggi in Santa Maria del Popolo”. Il dipinto di cui parla il biografo, identificato in passato con l’esemplare della Galleria Palatina, è oggi invece unanimemente riconosciuto nella versione conservata alla National Gallery di Londra, peraltro eseguita a olio su tavola. Il nostro quadro, invece, pervenuto a Firenze con l’eredità di Vittoria della Rovere, è da ritenersi una seconda versione sul medesimo modello preparatorio, verosimilmente eseguita dagli allievi dell’Urbinate per essere inviata a Urbino, in omaggio alla famiglia regnante cui il papa apparteneva.

Bibliografia

J.Meyer Zur Capellen, in Raphael and the Portrait of Julius II, a cura di J. Sander, Frankfurt, 2013, pp. 51-77; N. Baldini in 1564/2014 Michelangelo. Incontrare un artista universale, a cura di C. Acidini, E. Capretti, S. Risaliti, Firenze, 2014, pp. 232-233.

Testo di
Anna Bisceglia
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