Madonna che allatta il Bambino (“Madonna del latte”)
Giuliano Bugiardini (Firenze 1476 - 1555)
Il profilo centinato della tavola asseconda quello della nicchia dipinta entro la quale è alloggiata la Vergine insieme al Bambino. Gli incarnati chiarissimi e luminosi delle due figure spiccano in contrasto all’intensità cromatica della veste rossa e del manto blu che scivola sulle gambe di Maria a formare ampi scavi e pieghe ribattute, salendo poi a incorniciare sottilmente il volto, così da ottenere l’effetto di una scultura policroma. Maria ha appena slacciato l’apertura dell’abito per offrire il seno al Bambino che vi si aggrappa affamato, volgendosi però allo spettatore, come a volerlo rendere partecipe di quel momento intimo e dolcissimo. Nello sguardo malinconico e lievemente abbassato della madre c’è il presagio per il destino di quel figlio che sta nutrendo da neonato, ma che stringerà tra le braccia ancora una volta da adulto, dopo aver sopportato il dolore infinito di vederlo torturato e crocifisso. L’iconografia della Madonna del latte ha una lunga tradizione nella storia dell’arte, giacché se ne trovano attestazioni già nella pittura bizantina dei primi secoli cristiani, ma la sua fortuna in Italia e nel Nord Europa si afferma con continuità dal Trecento per terminare alla metà del Cinquecento in conseguenza dei decreti del Concilio di Trento che censuravano la nudità.
Sono tanti i modelli illustri di primo Cinquecento ai quali Bugiardini aveva attinto per questa tenera scena di maternità. Gli echi della sua prima formazione nella fucina dei fratelli Ghirlandaio e di Piero di Cosimo ancora s’intravedono nelle caratteristiche fisionomie - gli occhi piccoli incastonati in volti regolari dalla fronte rettangolare e il mento arrotondato - e nel nitore luminoso della pittura, ma a quei primi insegnamenti si è sovrapposta la spiritualità semplice e solenne di Fra Bartolomeo. Nell’uso calibrato delle ombre sfumate per definire gradatamente i volumi e l’articolazione dei panneggi, Bugiardini metteva a frutto l’osservazione delle Madonne di Leonardo. Proprio come opera del maestro di Vinci la tavola, originariamente in San Michele a Castello a Firenze, fu acquistata nel 1780 e subito esposta agli Uffizi. Al suo posto, nella chiesa di provenienza, fu collocata una copia affidata a Sante Pacini, artista non nuovo al compito di copiare illustri originali passati di volta in volta nelle collezioni fiorentine.
L’attribuzione al Bugiardini, avanzata per la prima volta a metà Ottocento dall’erudito Giovanni Rosini, è stata accolta piuttosto concordemente dagli studi successivi.
L.Pagnotta, Giuliano Bugiardini, Torino, 1987, pp. 204-205