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Il canto di uno stornello

Silvestro Lega (Modigliana [Forlì] 1826 - Firenze 1895)

Data
1867
Collocazione
Sala 12
Tecnica
Olio su tela
Dimensioni
158x98 cm
Inventario
1890 n. 99807; Giornale n. 4683 (Dono Cesare Marchi)
Iscrizioni

In basso a sinistra “S. Lega 67”

Il canto di uno stornello, dipinto da Silvestro Lega nel 1867, è forse una delle opere più note del pittore romagnolo e tra le più iconiche del percorso della Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti.
Tre giovani donne in un meriggio d’estate si dilettano di musica al pianoforte in un villino di campagna. Nella stanza, sapientemente descritta con una precisione quasi fotografica, una finestra si apre su un paesaggio di campi coltivati e colline lontane, una sorta di quadro nel quadro da cui penetra una morbida luce naturale che bagna interno ed esterno in egual misura.
La pittura nitida e l’impostazione monumentale rimandano all’arte quattrocentesca, in particolare a Piero della Francesca la cui limpida luce era in grado da sola di costruire volumi e spazi; il recupero dell’arte del Quattrocento toscano era un cardine della pittura macchiaiola, di cui Silvestro Lega è stato uno degli interpreti più originali. Il riferimento ai maestri toscani del primo Rinascimento si coglie anche nella semplicità narrativa con cui viene trattato l’episodio quotidiano; le ampie dimensioni della tela e la solennità della composizione ne fanno una sorta di moderna pala d’altare. Perfezione formale e cura del dettaglio appartenevano anche alla lezione di Luigi Mussini e Antonio Ciseri, artisti con cui Lega si era formato all’Accademia di Belle Arti di Firenze.
La luce uniforme riveste personaggi e ambientazione, componendo la scena e al contempo rivelando i dettagli dell’abbigliamento e dell’arredo della stanza, dalla fastosa tenda a motivi floreali al tappeto con motivi geometrici, fino ad indugiare persino sulle note sullo spartito.
Al pianoforte siede probabilmente l’amata Virginia Batelli, figlia di Spirito Batelli, editore fiorentino che sostenne Lega e altri artisti, ospitandoli nell’abitazione di famiglia a Piagentina, zona di campagna appena fuori dalle mura fiorentine. Siamo negli anni di Firenze capitale e la città subisce profonde e dolorose trasformazioni: le rive dell’Arno a monte della città, sotto le colline di Fiesole e Settignano, diventano per i pittori macchiaioli il rifugio in cui osservare e ritrarre la natura dei campi coltivati, i passatempi della colta borghesia, l’intimità degli affetti domestici. La sottile eppure serena malinconia che traspare da un dipinto come questo, ritrae alla perfezione quel mondo e quel modo di sentire, intrisi della delusione che i pittori macchiaioli, ferventi patrioti repubblicani se non addirittura anarchici, subirono all’avverarsi dell’Unità d’Italia sotto la monarchia sabauda.
I dettagli di costume consentono una precisa collocazione della scena nel tempo e nello spazio, costituendo anche un rimando alla manualità artigiana della bottega rinascimentale, una tradizione tenacemente difesa da Lega in opposizione a una realtà inesorabilmente destinata a mutare con l’avanzare in Italia della produzione industriale.
Il dipinto trasmette una serenità quasi metafisica, che pervade ogni angolo della scena, connotando i personaggi stessi, in perfetta sintonia con uno dei periodi più limpidi e artisticamente più floridi della vita di Lega, durante il quale dipinse oltre a Il canto di uno stornello, anche Il Pergolato (Pinacoteca di Brera, Milano, inv. 2241) e La passeggiata in giardino (Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, Cat.Gen. 178).
Nella partitura musicale alcuni critici hanno riconosciuto una Ciaccona, noto motivo popolare toscano. Recentemente però è stato ipotizzato che si trattasse di un pezzo composto da Luigi Gordigiani, musicista noto come “lo Schubert d’Italia”, interprete di musica pianistica, ma celebre soprattutto per i suoi Stornelli, trecento melodie per canto e pianoforte che, alla stregua dei Lieder tedeschi, si diffusero ampiamente anche oltre confine, apprezzati persino dalla regina Vittoria d’Inghilterra. L’identificazione del brano in questione con una delle composizioni di Gordigiani è basata sulla particolare dimensione della partitura posta sul leggio.

Bibliografia

L. Lombardi, in I Macchiaioli prima dell’Impressionismo, catalogo della mostra (Padova, 27 settembre 2003-8 febbraio 2004), a cura di F. Mazzocca, C. Sisi, Venezia 2003, pp. 225, 228-229, n. 75; S. Bietoletti, in La Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti, Storia e collezioni, a cura di C. Sisi, Cinisello Balsamo, Milano 2005, pp.178-179; Ottocento e Novecento Acquisizioni 1974-1989, catalogo della mostra (Firenze, Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti 1 giugno-30 settembre 1989),  a cura di C. Sisi, p.58; G. Nardi¸ Una passeggiata musicale nella Galleria d’Arte Moderna. Storia inconsueta di musica, musicisti, vicende, famiglie, in Bollettino. Amici di Palazzo Pitti, 2020, pp. 62-79 (p. 73).

Testo di
Elena Marconi, Filippo Fattorini, Guidetta Tamburini
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