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Icona San Giorgio trafigge il drago

Russia centrale

Data
1725-1750 c.
Collocazione
Sala 3
Tecnica
Tempera su tavola
Dimensioni
32,3x25,5 cm
Inventario
1890 n. 6175

L’icona è dedicata a uno dei santi più popolari nell’antica Rus’, il martire Giorgio, valoroso soldato romano di fede cristiana vissuto nel IV secolo, fatto decapitare dall’imperatore Diocleziano.

E’ raffigurato a cavallo, in abiti militari, mentre sconfigge il drago, rappresentazione del male. Questa iconografia è legata alla diffusione di leggende apocrife secondo le quali in una città dell’Asia minore viveva un drago, o serpente, al quale veniva quotidianamente offerta in pasto una giovane vita umana. Quando fu il turno di Elisava, la figlia del re, Giorgio apparve all’improvviso sul suo cavallo e sconfisse il drago, che fu poi legato con una cintura e condotto come trofeo dalla principessa Elisava in città. L’icona mostra a destra la principessa sulla porta della città con in mano la cintura e sopra di lei i regnanti, suoi genitori. Un angelo pone una corona, emblema di gloria, sopra la testa di Giorgio.

L’opera mostra legami con la cultura pittorica dei secoli XVII-XVII nel naturalistico modellato dei volumi, negli stilemi barocchi dell’architettura, nel dinamismo che permea la figura di san Giorgio, nella costruzione in scorcio, invece che di profilo, della testa del cavallo, nella raffigurazione del drago con zampe possenti, piuttosto che come serpente alato. Databile al terzo-quarto decennio del XVIII secolo, l’icona delle Gallerie degli Uffizi è uno degli esemplari più antichi di un modello iconografico che caratterizza anche due icone conservate nei musei di Kostroma e Čerepovec (secoli XVIII-XIX). Un elemento piuttosto insolito che ricorre solo nell’esemplare fiorentino, è invece la raffigurazione delle ossa e dei poveri resti delle vittime del drago, da ricondurre forse all’influsso della pittura occidentale.

L’icona fu probabilmente eseguita nella stessa bottega in cui furono dipinte alcune icone delle Gallerie degli Uffizi (inv. 1890 nn. 9322, 9352, 9362, 9366).

Testo di
Daniela Parenti
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