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La Fucina di Vulcano

Giorgio Vasari (Arezzo 1511 - Firenze 1574)

Data
1564 ca.
Collezione
Pittura
Collocazione
D17. Studiolo classico
Tecnica
olio su rame
Dimensioni
38 x 28 cm
Inventario
 1890 n. 1558

Questa piccolo dipinto fa parte di una serie di quadretti realizzati dal Vasari e dagli artisti della sua cerchia per il granduca Francesco I de’ Medici, con soggetti basati sugli scritti di Don Vincenzo Borghini, l’erudito priore dell’Ospedale degli Innocenti nonché amico del pittore. Partendo da episodi tratti dalla mitologia classica e dalle Metamorfosi di Ovidio, il Borghini aveva elaborato una serie di “invenzioni” dai complessi significati allegorici il cui intento era quello di celebrare i talenti fiorenti e il buon governo mediceo. Francesco I, principe dal temperamento introverso e contemplativo, apprezzava particolarmente questo genere di pittura destinata ad un uso privato: poche persone di raffinata cultura, infatti, erano in grado di comprendere il loro significato simbolico, spesso oscuro. Ricordiamo a tal proposito che il Borghini sarà anche l’ideatore del complesso programma iconografico dello studiolo che il principe si farà realizzare a Palazzo Vecchio qualche anno più tardi. La fucina di Vulcano rientrava inoltre tra quei soggetti che potevano essere interpretati in chiave alchemica, disciplina di cui Francesco era un appassionato studioso. 

Il soggetto del dipinto prende spunto da un passo dell’Iliade di Omero in cui il poeta descrive Vulcano, il dio del fuoco, intento a forgiare lo scudo di Achille. Seduto in primo piano, il dio mostra a Minerva le armi appena create, ma sullo scudo, al posto delle figure descritte nel poema omerico, compaiono un ariete e un capricorno che reggono il globo terrestre. Il primo è il segno zodiacale di Francesco, il secondo l’ascendente di suo padre Cosimo, che l’aveva scelto come emblema araldico perché era il segno zodiacale dell’imperatore Augusto. Questo dettaglio ci chiarisce il significato allegorico – di propaganda politico-dinastica dei granduchi – che ispira la scelta del soggetto. Così Minerva, che tiene in mano un compasso e un goniometro e porge a Vulcano un disegno, rappresenta l’Ingegno, mentre il dio-fabbro al lavoro simboleggia la Tecnica. Sullo sfondo alcuni giovani nudi, seduti ai loro banchi, sono intenti a copiare i vasi e le statue antiche posti nelle nicchie sopra di loro: tra di esse riconosciamo un gruppo scultoreo raffigurante le Tre grazie, che qui allude alle arti del Disegno, ovvero Pittura, Scultura e Architettura. Sulla destra altri personaggi si cimentano nella lavorazione dei metalli seguendo l’esempio di Vulcano. Il dipinto simboleggia dunque l’unione tra la capacità ideativa e le abilità manuali, componenti indissolubili di tutte le arti e tema particolarmente caro al committente che si dilettava nel praticare le arti meccaniche. La Pace che volteggia in alto tenendo in mano un ramo di ulivo allude alla prosperità che esse conobbero a Firenze sotto la guida del casato mediceo. Ricordiamo infatti che nel 1563 Cosimo I aveva fondato l’Accademia del Disegno in cui i giovani allievi si impegnavano nello studio della statuaria antica e affinavano la tecnica del disegno, considerato il fondamento di tutte le arti.

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