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Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta

Giovanni Fattori (Livorno 1825 – Firenze 1908)

Data
1862
Collocazione
Sala 13
Tecnica
Olio su tela
Dimensioni
240x348 cm
Inventario
Cat. Gen. 189

Intrapresa la strada della partecipazione al processo di unificazione dell'Italia indipendente, nel settembre 1859 il Governo Provvisorio della Toscana, presieduto da Bettino Ricasoli, insediatosi pochi mesi prima dopo la partenza del granduca lorenese Leopoldo II, indisse un concorso di pittura per la realizzazione di varie opere a tema risorgimentale, tra cui quattro tele celebrative delle battaglie di Curtatone, Montanara, Magenta e San Martino. Occorreva costruire un'epica visiva per lo stato unitario che andava formandosi e si chiedeva agli artisti di farsene carico.

Giovanni Fattori, appena ventiquattrenne, presentò due bozzetti dedicati al tema della Battaglia di Magenta, episodio della Seconda Guerra di Indipendenza (4 giugno 1859): uno dei due bozzetti, oggi in Galleria d'arte moderna di Palazzo Pitti, raffigura l'assalto alle postazioni austriache da parte delle truppe di Napoleone III, alleato dei Savoia; l'altro, oggi in Galleria Nazionale d'Arte moderna a Roma, raffigura il carro delle suore di carità che soccorrono i feriti sul campo di battaglia. Quest'ultimo studio venne scelto come vincitore dalla commissione che stabilì di accantonare ogni retorica bellicistica in favore di uno sguardo umano e compassionevole sulla tragica essenza della guerra.

Il grande dipinto oggi esposto in Galleria d'arte moderna è la versione definitiva del bozzetto in questione: per realizzarlo venne assegnata a Fattori una cifra con cui il pittore decise di visitare i luoghi della battaglia in Lombardia, seguendo le indicazioni ricevute dalla commissione esaminatrice che, tra le altre cose, gli chiedeva maggior somiglianza con la zona teatro dello scontro. Il pittore partì dunque l'anno successivo con la giovane moglie, Settimia Vannucci, regalandole quel viaggio di nozze che altrimenti non si sarebbero permessi.

Il magistrale talento narrativo di Fattori, gli consentì di narrare la “sua” guerra, la cosiddetta “guerra dei vinti”, con al centro l'azione di misericordia delle suore che portano sul carro un ferito austriaco; non tralasciò però di ritrarre ufficiali e soldati vittoriosi, su un terrapieno a destra, di spalle, così come dipinse i fumi della battaglia che imperversa ancora sul fondo.

La composizione, come spesso nei dipinti di grande formato del maestro macchiaiolo, è solo apparentemente semplice: i piani orizzontali su cui si articolano i personaggi in primo piano e a scalare in profondità, e a cui fa da contraltare l'immobile cielo azzurro, sono mossi da numerose diagonali che conducono l'occhio sulle direttrici della narrazione, come quella che a sinistra sulla strada bianca va verso l'azione al centro, o quella che dal primo piano a destra intercetta il cavallo bianco al centro, con in sella l'ufficiale che fa da contraltare tematico al soldato ferito a cui la suora presta le sue cure.

La pittura è accurata e precisa, ma rinuncia agli effetti smaglianti che Fattori poteva aver appreso dalla pittura da romanticismo storico del maestro Giuseppe Bezzuoli. Luce naturale, ombre verosimili, forme compatte, la resa dei soli dettagli che occorrono a definire la scena nel suo complesso, senza compromettere la sintesi formale che è anche sintesi narrativa: questi sono gli strumenti con cui il giovane Fattori si presentò con il dipinto ancora non del tutto completato all'Esposizione Italiana a Firenze nel 1861, e poi nella primavera del 1862 alla Società Promotrice di Belle Arti.

Bibliografia

La Galleria d'arte moderna di Palazzo Pitti. Storia e collezioni, a cura di C. Sisi, Milano 2005, pp. 160-161.
 

Testo di
Chiara Ulivi
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