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San Francesco riceve le stimmate

Ludovico Cardi detto il Cigoli (Cigoli, San Miniato 1559 – Roma 1613)

Data
1596
Collezione
Pittura
Tecnica
Olio su tavola
Dimensioni
248 x 173 cm
Inventario
1890 n. 3496

L’episodio delle Stimmate di San Francesco è un evento di enorme portata nella vita del Santo e nella storia della Chiesa.
La tavola sembra riprendere fedelmente il racconto fissato da San Bonaventura nella Legenda maior: Francesco, dopo una notte passata in preghiera sul fianco scosceso del monte della Verna, vide un serafino con sei ali luminose ed infocate, tra le quali apparve un uomo crocifisso: egli fu inondato da stupore, gioia e dolore insieme. Stupore e letizia per sentirsi guardato da Cristo, dolore per vederlo soffrire sulla croce, fino alla rivelazione di essere lui stesso, da quel momento, “ritratto visibile di Cristo Gesù Crocifisso”, portando impresse sul suo corpo le stesse ferite. L’esperienza spirituale suprema è resa dal Cigoli nel volto del santo quasi trasfigurato da un’estasi dolorosa: secondo la leggenda riportata da Filippo Baldinucci (Cecchi, 1992, pp. 93-94 e bibl.) il pittore riconobbe nelle fattezze di un pellegrino mendicante e bisognoso, il volto devoto e veritiero che avrebbe voluto dare al santo e se ne servì come modello; una volta allontanatosi, l’uomo non fu più visto. Il fascio luminoso proveniente dal serafino in alto a destra accende di riflessi dorati il saio di Francesco di rude e povera stoffa, e illumina il volto e le mani del santo, la nuda roccia sulla quale è inginocchiato, il libro caduto; nella penombra, si scorgono un teschio e una croce. Alle spalle del santo si intravede un’alta roccia scura, mentre davanti a lui altre rupi sovrastate da alberi mossi dal vento lasciano percepire anfratti e cavità, in una delle quali compare il fedele compagno del santo, frate Leone. In fondo alla gola, si intravede la Basilica della Verna, col portico di fronte e un edificio più basso accanto. L’ambientazione è resa con accuratezza, così come il vivido fulgore intorno all’angelo, corrispondente alle testimonianze dei pastori e degli abitanti della Verna, che in quella notte di settembre del 1224 avevano creduto che ci fosse un incendio. I due teneri putti in alto, resi con un colore più morbido e fuso, aggiungono leggiadria barocca alla scena altrimenti drammatica, e sembrano seguire con lo sguardo il fascio luminoso che attraversa in diagonale la tavola, congiungendo le ferite del Cristo a quelle di colui che ne diveniva l’immagine “perfetta”.

La tavola con le Stimmate di San Francesco, proveniente dal convento di Sant’Onofrio o di Fuligno, firmata e datata 1596, è una delle più belle testimonianze dello stile maturo del Cigoli. Il pittore, allievo di Alessandro Allori, dal quale apprese l’importanza del disegno e della tecnica, insieme allo studio dell’anatomia, aveva cominciato a sperimentare nel nono decennio del Cinquecento le nuove tendenze artistiche vicino alle esigenze della riforma cattolica, con una ricerca di maggiore drammaticità, veridicità e bellezza nella resa del colore e della luce. Modelli per questa sua ricerca furono soprattutto le opere di Santi di Tito e del Barocci.

Testo di
Alberica Barbolani da Montauto
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