Perché Dio ha amato tanto il mondo da dare il suo unico Figlio, perché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna. Dio non ha mandato suo Figlio sulla terra per condannare il mondo, ma per salvarlo (Giovanni 3, 16-17).
Ogni anno con la Pasqua i Cristiani celebrano la Resurrezione di Cristo, ovvero il trionfo della Vita sulla Morte, promesso da Gesù nel corso della sua predicazione. E’ il momento conclusivo dell’intero ciclo della Passione, il più commovente e drammatico del racconto evangelico, una parabola che passa, in una escalation di sofferenza fisica e psicologica, attraverso il tradimento, la tortura, la derisione, la mortificazione e il pubblico ludibrio, infine la morte: l’estremo sacrificio che, secondo la tradizione cristiana, salva l’uomo da tutti i peccati.
La narrazione inizia con una delle immagini più note della vicenda di Gesù, la riunione con gli Apostoli per l’Ultima Cena, durante la quale egli rivela che presto uno di loro lo tradirà: è Giuda che, in cambio del denaro offertogli dai sacerdoti, lo fa catturare dalle guardie romane nel corso di quella stessa notte, trascorsa da Gesù in solitudine nell’orto del Getsemani. Gesù viene processato davanti al Gran Consiglio prima e Ponzio Pilato poi, e in seguito flagellato, deriso dalla folla e crocifisso insieme a due ladroni sul monte Gòlgota. Muore infine tra atroci sofferenze, vegliato fino all’ultimo da Maria, sua madre, da Giovanni, il suo prediletto tra i discepoli e la fedele Maddalena.
Deposto dalla croce, viene avvolto in un sudario e portato al sepolcro dal quale risorgerà trionfante al trascorrere di tre giorni.
Questa lunga narrazione è stata tradotta visivamente nel corso dei secoli in una serie di scene di grande impatto emotivo, accomunate da un messaggio di fede collettivamente condiviso. Su tutte domina però il Crocifisso, ormai arreso alla morte. E’ una tra le immagini più potenti della storia, autentica e al tempo stesso rivoluzionaria. Non solo perché evoca una realtà storica, ma anche per il suo racchiudere l’essenza stessa dell’uomo: la fragilità, la solitudine, la capacità di amare e generare vita e speranza. Gli artisti hanno raffigurato Cristo in Croce in molti modi: patiens o triumphans ( sofferente o vittorioso) come nelle grandi croci issate al centro delle chiese medievali; atletico e perfetto nelle proporzioni del pensiero rinascimentale e barocco; stilizzato negli occhi di tanta arte contemporanea. E in ogni tempo, anche per coloro che non sono credenti, l’imponenza di quel corpo nudo, martoriato e solo di fronte alla fine, ispira riflessione e rispetto.
La carrellata di opere attinge all’immenso patrimonio artistico delle Gallerie degli Uffizi (Uffizi, Galleria Palatina e Galleria d’Arte Moderna), e abbraccia i secoli dal Trecento all’Ottocento; vi proponiamo artisti italiani e stranieri più noti (come Rogier Van Der Weyden, Tiziano e Rubens) e meno noti al grande pubblico (quali Agnolo Gaddi, Luca Signorelli e Ludovico Cardi detto il Cigoli) e vi invitiamo a “leggerle”, insieme ai brani tratti dai Vangeli, ripercorrendo gli episodi salienti dell’ultima parte della vita di Cristo, in un percorso che evidenzia quanto la produzione artistica sia stata in larga parte collegata alla religione per trasmettere, attraverso i caratteri più toccanti e poetici della fede, messaggi di sacrificio, sopportazione delle pene, speranza e aspirazione alla vita eterna.