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Mosè difende le figlie di Jetro

Giovanni Battista di Jacopo, detto Rosso Fiorentino (Firenze, 1495 – Parigi, 1540)

Data
1523 - 1527
Collezione
Pittura
Collocazione
D4. Pontormo - Rosso Fiorentino
Tecnica
Olio su tela
Dimensioni
160 x 117cm
Inventario
1890 n. 2151

Giovanni Battista di Jacopo, soprannominato Rosso Fiorentino, per il colore della sua capigliatura, si formò nella bottega di Andrea del Sarto accanto al Pontormo suo coetaneo. Fin dalle prime opere fiorentine mostrò uno stile particolarmente originale, connotato da una forte carica anticlassica volta a superare gli schemi dell’equilibrio rinascimentale in favore di innovative soluzioni formali dalla potente tensione drammatica. Nel 1524 si trasferisce a Roma dove l’esasperata ricerca espressiva degli anni precedenti lascia il posto ad una sofisticata e intellettualistica eleganza formale. Dopo il sacco del 1527 vaga per molte città italiane per giungere infine in Francia dove il re Francesco I lo nomina pittore di corte affidandogli la decorazione della reggia di Fontainebleau, la cui Galleria diverrà un caposaldo del manierismo internazionale.

Nella biografia del Rosso Vasari descrive “un quadro di alcuni ignudi bellissimi in una storia di Mosè quando ammazza l’Egizio, nel quale erano cose lodatissime; e credo che in Francia fosse mandato” . Un documento d’archivio, recentemente rinvenuto, conferma il racconto vasariano. Il dipinto sarebbe stato realizzato dal Rosso alla vigilia della partenza per Roma per Giovanni Bandini, fiorentino appartenente alla fazione antimedicea, e successivamente inviato in Francia come dono per il re Francesco I. Tra il 1568 e il 1588 la tela fa ritorno a Firenze per entrare a far parte delle collezioni di don Antonio de’ Medici, figlio del granduca Francesco e di Bianca Cappello.

Secondo l’interpretazione più accreditata il dipinto raffigura il concitato susseguirsi dei diversi momenti che compongono l’episodio biblico da cui prende il titolo. Dopo aver ucciso un egiziano che aveva maltrattato un’israelita, Mosè fugge nel deserto e si ferma a riposare presso un pozzo a Median dove le sette figlie del sacerdote sono solite attingere l’acqua per far bere il gregge del padre. Al sopraggiungere di alcuni pastori che vorrebbero scacciare le fanciulle, Mosè si leva in aiuto delle giovani facendo fuggire i prepotenti e attingendo per loro l’acqua dal pozzo.

In primo piano Mosè, raffigurato come un erculeo eroe seminudo, affronta i pastori che giacciono a terra sconfitti. L’eroe vittorioso compare di nuovo in secondo piano mentre corre verso Zippora, la sua futura sposa, ancora spaventata. Completano il racconto biblico il pozzo sullo sfondo e le altre sei sorelle che fuggono impaurite verso la città.

Rosso Fiorentino interpreta l’episodio sacro come una scena di nudi in lotta, i cui corpi vigorosi, tesi in un dinamismo esasperato, ricordano il groviglio di soldati del cartone michelangiolesco con la Battaglia di Cascina. Il taglio longitudinale della composizione e la scansione spaziale per piani verticali accentuano l’effetto irruento del combattimento. Alla brutalità della lotta fa da contraltare la sensuale flessuosità di Zippora, elegantemente acconciata e fasciata da una veste aderente che ne lascia intravedere le forme e le scopre un seno.

Il dono di questo dipinto dovette certo risultare gradito al re Francesco I, fine ed intellettuale mecenate: la forza espressiva e la teatrale gestualità dei personaggi che lo caratterizzano sono le stesse che di lì a poco egli potrà ammirare nella sua Galleria a Fontainebleau dove Rosso avrebbe riproposto le posture di alcuni di questi nudi.

Testo di
Monica Alderotti
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