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Atena Giustiniani

Data
metà del II secolo d.C.
Collocazione
Galleria delle Statue
Tecnica
marmo greco
Dimensioni
alt. cm. 202
Inventario
OdA 1911 n. 681

La statua è una replica dell’Atena del tipo “Giustiniani”, così denominata dalla famiglia che, tra i decenni centrali del Seicento e gli inizi dell'Ottocento, fu proprietaria della copia più significativa dell’opera, oggi ai Musei Vaticani.  Il prototipo in bronzo fu elaborato in ambito attico sul finire del V secolo a.C. o agli inizi del secolo seguente, probabilmente per servire come statua di culto nel tempio di Atena sul Capo Sounion, un promontorio sulla punta meridionale della regione dell'Attica.

La dea è raffigurata in posizione stante, con una veste lunga (detta chitone) avvolta da un manto. All'altezza del petto appare l'égida, una corta corazza su cui spicca il gorgoneion, ovvero l'immagine della testa della gorgone Medusa, il mostro che secondo il mito aveva il potere di trasformare in pietra chiunque la guardasse negli occhi. La creatura sarebbe stata uccisa, decapitata, con il favore di Atena, dall'eroe Perseo, che a lei l'avrebbe poi offerta: la dea avrebbe in seguito posto la testa mozzata sul proprio scudo o sulla propria corazza, poiché, anche da morta, Medusa manteneva intatto il proprio potere.

Sistemata per oltre due secoli a Villa Medici sul Pincio e giunta a Firenze solo nel 1788, la statua presenta numerose parti di restauro attribuibili a mano moderna: la testa con il collo, le parti nude delle braccia, varie parti del panneggio e la base. Tra queste integrazioni merita particolare attenzione la testa elmata ispirata a quella della cosiddetta Atena Ludovisi -a sua volta opera di moderno restauro per mano di Alessandro Algardi datata 1627- la quale, a giudicare dal confronto con alcune fonti iconografiche datate tra la fine del XVI secolo ed il primo ventennio del XVII secolo, sostituisce una testa precedente, verosimilmente anch'essa moderna.

Il trattamento del panneggio, in cui le pieghe rettilinee appaiono definite da profondi solchi, e la resa della capigliatura, ancora valutabile dall'unico frammento superstite sulla spalla destra, suggeriscono una datazione al II sec. d.C. avanzato. 

Bibliografia

A. Cecchi, C. Gasparri, La Villa Médicis. Le collezioni del cardinale Ferdinando. I dipinti e le sculture, Roma 2009, p. 218, n. 248.1

Testo di
Alessandro Muscillo
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