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Cippo funerario di Quintus Coelius Actiacus

Arte romana

Data
Ultimo quarto del I secolo a.C.
Collezione
Scultura
Collocazione
A41
Tecnica
Calcare conchiglifero
Dimensioni
106,5 cm (altezza); 71 cm (larghezza); 17,5 cm (profondità), 7,3 cm (altezza lettere)
Inventario
1914 n. 1741

Il cippo proviene da una tomba rinvenuta nel ‘700 a Monselice, provincia di Padova, in quello che era il territorio dell'antica Ateste (CIL V 2503; EDR 130588)

Fu poi successivamente murato all'esterno della cappella di famiglia dei conti Oddi nella stessa cittadina, per poi divenire parte della collezione privata della stessa famiglia nobile.

Da qui l’ara passò nella collezione Detlef Heikamp, dove rimase sino al 1994 quando fu donata agli Uffizi dove si trova tutt’oggi.

Si tratta di un manufatto in pietra calcarea con inclusi di materiale conchiglifero. Riporta una cornice in parte rimodellata in stucco, così come l'angolo a sinistra in basso. La parte testuale è vergata in capitale latina.


Testo

Q(uintus) Coelius L(uci) f(ilius)

leg(ionis) X̅I̅ Actiacus

signifer.

 

(A) Quinto Celio, Figlio di Lucio,

Appartenente alla legione undicesima, combattente ad Azio

Signifero

 

L’ara fu dedicata ad un veterano di Augusto, a cui era stato assegnato un lotto di terreno nella colonia di Ateste.

L'epiteto Actiacus si riferisce alla sua partecipazione alla battaglia navale di Azio occorsa il 2 settembre del 31 a.C. Si tratta dello scontro decisivo tra Ottaviano e Marco Antonio.

E’ ricordata anche la legio di appartenenza del defunto, l'undicesima, che nel succitato scontro si trovava schierata al fianco del futuro imperatore Augusto, prima di essere spostata dallo stesso imperatore nei Balcani dove stanziò per quasi un secolo.

Il ruolo che Celio esercitò in vita nella compagine militare di afferenza era quella di signifer. Il portatore del signum faceva parte di quel ristretto gruppo di sottoufficiali chiamati principales il cui compito era quello di reggere e trasportare un'asta a cui erano affisse delle phalerae, tabelle coi dati dell'unità, che costituiva l'insegna del manipulus, unità militare formata da due centurie.
 

Bibliografia

E. Buchi (a cura di), Il cittadino, lo straniero, il barbaro, fra integrazione ed emarginazione nell'antichità. Atti del I Incontro Internazionale di Storia Antica, Genova 22-24 maggio 2003 (Serta Antiqua et Mediaevalia, VII), Roma 2005, p. 216, nt. 23.

Testo di
Federica Calabrese
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