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Abito da giorno

Manifattura italiana

Data
1825 ca.
Tecnica
Garza di seta, raso di seta
Inventario
TA 2054

Rispetto alla fase napoleonica, dominata dalle linee affusolate e tubolari della robe en chemise ̶ la lunga ‘veste a camicia’ di reminiscenza neoclassica, con vita molto alta e gonna aderente al corpo ̶ l’abito femminile del periodo della Restaurazione vede un modesto recupero di ampiezza nelle gonne, che assumono un andamento a clessidra svasandosi leggermente verso la parte terminale e si accorciano, lasciando scoperti i piedi. In corrispondenza degli scolli, ancora piuttosto generosi, le linee squadrate dell’abito Impero si ammorbidiscono e si incurvano, mentre le maniche, che non hanno per il momento raggiunto le ragguardevoli ampiezze del modello ‘à gigot’ in voga a partire dagli anni Trenta, ricalcano la foggia a palloncino del periodo precedente, riproponendone anche le dimensioni contenute. Drappeggi e increspature movimentano il tessuto del busto conferendogli maggiore risalto, laddove l’altezza del punto vita si abbassa avvicinandosi gradualmente alla sua posizione naturale. Maggiore movimento viene restituito agli abiti anche attraverso il largo impiego di elaborate guarnizioni, generalmente riservate a maniche e gonne impreziosite da nastri, fiocchi e applicazioni in raso imbottite di cotone.

A simile gusto decorativo risponde perfettamente anche questo abito, confezionato in garza di seta color avorio con motivo scozzese a riquadri gialli e rosso-arancio e donato al Museo dalla contessa Giulia Accolti Gil, discendente della nobile famiglia pugliese dei Troilo.

Le corte maniche e lo scollo sono attraversate da nastri in raso bianco listato di rosso culminanti in fiocchi in corrispondenza delle spalle. Una spessa nervatura in raso imbottito ̶ generalmente definita “burlotto” ̶ percorre l’orlo della gonna mantenendolo in tensione mentre un ricco motivo a tralcio, costituito da ulteriori burlotti disposti ai lati di una treccia in raso a tre colori, ne attraversa la circonferenza all’altezza delle ginocchia.

Durante gli anni Venti, le mode non imponevano ancora l’impiego di quantità di tessuto abbondanti come quelle richieste dai ricchi abiti operati di epoca romantica. La seta, la cui produzione e il cui utilizzo furono oggetto di un grande rilancio già in epoca napoleonica, continuò pertanto a mantenersi come uno dei tessuti prediletti in ambito sartoriale.

La relativa linearità delle fogge, ancora in larga misura vincolate alle persistenti influenze dello stile Impero, andava nel frattempo assimilando le più recenti inflessioni del gusto contemporaneo. Il motivo scozzese dell’abito risente infatti della moda lanciata nel 1822 dalla duchessa di Berry in occasione del ballo parigino da lei organizzato in ricordo di Maria Stuarda, regina di Scozia dal 1542 al 1567.

Bibliografia

La Galleria del Costume/2, Firenze 1986, pp. 28-29; R. Orsi Landini, Materia e forme: tessuti e fogge del vestire femminile nei secoli XVIII e XIX , in Galleria del Costume/4, Firenze 1990, p. 17; Eleganze della moda fra ‘700 e ‘800. Abiti storici della Galleria del Costume di Palazzo Pitti, Milano 1997, pp. 72-73; Le collezioni. Costumi ed accessori dal XVIII al XX secolo,  Livorno 2000, p. 17.

Testo di
Diletta Urbano; Vanessa Gavioli
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