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Comunicati | 08/04/2019

La campagna di indagini dell’Opificio delle Pietre Dure sul primo paesaggio di Leonardo Da Vinci

La campagna di indagini dell’Opificio delle Pietre Dure sul primo paesaggio di Leonardo Da Vinci

Le più importanti novità emerse dalle indagini sul disegno degli Uffizi: la conferma dell'ambidestria del maestro e la scoperta di un secondo paesaggio sul retro

Leonardo da Vinci era ambidestro e scriveva e dipingeva con entrambe le mani: sia la sinistra, per lui la principale, sia la destra. La conferma di questa peculiare caratteristica del maestro arriva dalle analisi dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze sul Paesaggio noto come 8P dal suo numero d’inventario, considerato da molti il primo disegno noto dal grande artista e scienziato toscano e certamente il suo primo lavoro datato (5 agosto 1473).

È da poco terminata la grande campagna diagnostica sull’opera di proprietà delle Gallerie degli Uffizi: le indagini sono state effettuate in vista della trasferta che dal 15 aprile porterà il Paesaggio a Vinci, terra natia di Leonardo, dove sarà protagonista di “Alle origini del Genio”, mostra organizzata nell’ambito del Cinquecentenario della sua morte.

Lo studio, durato numerose settimane, è stato condotto da un team di specialisti, anche attraverso l’utilizzo di tecniche e macchinari sperimentali, sotto la supervisione della storica dell’arte e funzionaria dell’Opificio, Cecilia Frosinini.

 

La prova dell'ambidestria

Il documento contiene due scritte: una sul fronte, tracciata secondo la celebre stesura al contrario di Leonardo, da destra verso sinistra, “Dì di s[an]ta Maria della neve / addj 5 daghossto 1473” e un’altra sul retro, vergata invece nel verso ordinario, da sinistra verso destra, "Io, Morando d'Antoni, sono chontento", riconducibile a un appunto, con l’abbozzo di una formula contrattuale.

È dal confronto tra queste due frasi che si delinea la conferma all’ambidestria di Leonardo: innanzitutto entrambe risultano autografe (così come gli schizzi di una testa e di una figura umana tracciati sul retro), in quanto scritte con lo stesso inchiostro, utilizzato anche per realizzare la parte prevalente del Paesaggio. Una scrupolosa indagine calligrafica, svolta attraverso il paragone delle due scritte con svariati altri testi autografi di Leonardo ha fornito ulteriori prove in questo senso: lo studio combinato dei materiali, dei tratti tipici della scrittura leonardesca e il raffronto con altri documenti hanno dimostrato che l’artista vergò la scritta ‘a specchio’ sul fronte presumibilmente con la sinistra, mentre per quella sul retro, con verso ordinario, usò la destra. Entrambe le calligrafie, pur contenenti alcuni elementi grafici differenti, legati all’uso di mani diverse, sono caratterizzate da numerosi tratti chiave comuni, inequivocabilmente riconducibili allo stile unico di Leonardo.

 

Un secondo paesaggio a nerofumo e disegni 'nascosti'

La conferma dell’ambidestria del Genio di Vinci non è l’unico aspetto svelato dalla complessa campagna diagnostica. La possibilità di sottoporre ad analisi diretta il prezioso documento ha consentito di portare alla luce numerosi altri misteri dell’opera, impossibili da scoprire attraverso mere osservazioni fotografiche del Paesaggio. Tra questi il pieno emergere, alla radiazione infrarossa, di due differenti stesure del paesaggio sul fronte; e di un simile processo anche sul retro, dove ci sono due paesaggi, uno sovrapposto all’altro, del tutto difformi da quello disegnato sul fronte. Raffigurano una scena fluviale, con al centro un corso d’acqua e due rive collegate da un ponte, e sulla sinistra una formazione di rocce aguzze e frastagliate. Leonardo aveva impostato questo scenario a nerofumo; successivamente ne sottolineò con l’inchiostro alcune forme, aggiungendo anche dei picchi montuosi.

L’utilizzo del nerofumo, verosimilmente in forma di pastello, per il foglio 8P testimonia che Leonardo usava questo materiale in un periodo precedente a quanto ritenuto fino a oggi dagli studiosi. Altrettanto precoci sarebbero, se effettivamente riferibili al 1473, le numerose tracce di schizzi realizzate a sanguigna nella parte alta del foglio, sempre sul retro. I primi disegni a sanguigna di Leonardo infatti erano finora datati al 1492.

Dall’esame del retro affiorano, sotto il paesaggio fluviale in basso a sinistra e più in alto, alcuni disegni a punta di piombo, un fiore stilizzato e alcuni motivi geometrici, che risultano particolarmente visibili all’infrarosso.

Il disegno ha poi rivelato alcune misteriose tracce incise con uno stilo cosiddetto “cieco” o “acromo” (cioè che non lasciava tracce colorate, sia pure lievi, come quelle della punta di piombo). Alcune sono identificabili, per esempio una seconda catena montuosa sul fronte o un cavallo sul retro del foglio; altre invece appaiono di incerto significato e potrebbero far pensare a impronte lasciate dalla sovrapposizione di un’altra carta, facendo quindi presupporre che il foglio fosse indirizzato a una destinazione di uso comune.

Per svelare i segreti del Paesaggio 8P sono stati necessari molti esami, tutti non invasivi, e l’impiego di svariate tecnologie e prototipi scientifici. Il disegno è stato sottoposto ai raggi infrarossi con un modello molto avanzato, in grado di acquisire 32 bande cromatiche diverse, ideato dal Cnr-Ino (Istituto nazionale di ottica). E’ stato usato anche un sistema innovativo di raggi X a fluorescenza, con illuminazione ad area anziché a punti localizzati come avveniva finora (il prototipo è stato costruito dall’Istituto nazionale di fisica nucleare dell’Università di Firenze) e un rilevatore portatile di materiali organici (messo a punto dal Cnr Ifac, Istituto di fisica applicata), oltre alle ‘classiche’ osservazioni al microscopio e all’utilizzo di fotodiagnostica a elevatissima risoluzione, supportata dall’impiego di elaborazioni informatiche.

 

La genesi dell'opera

Questa articolata campagna di indagine ha inoltre permesso di ricostruire con precisione la genesi creativa del leggendario Paesaggio. Per realizzarlo, Leonardo usò diversi strumenti e materiali. Con uno stilo di piombo che lasciava una traccia grigia sul foglio, sorta di lapis ante litteram,  abbozzò l’intero disegno. Quindi, su questa bozza lavorò con l'inchiostro (contenente elementi di rame e nero fumo), probabilmente sovrapponendo al foglio anche uno strato di carta lucida, sulla quale aveva già composto parte del disegno, allo scopo di disegnare con precisione la ‘skyline’ del paesaggio stesso. Dipinse invece completamente a mano libera la vegetazione, la parte restante del terreno, delle montagne e delle acque. Dal punto di vista cronologico, il disegno sul fronte è stato fatto in due fasi: nella prima, Leonardo ha usato lo stilo, la carta lucida e un primo inchiostro. Il secondo intervento, individuabile perché realizzato con un secondo inchiostro, diverso per composizione chimica, è avvenuto in un momento successivo. 

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